Design Thinking: pionieri e intuizioni

Design Thinking

Immaginate un mondo in cui la creatività non è solo un’arte, ma un metodo. Un mondo dove le soluzioni ai problemi nascono dall’empatia e dalla collaborazione. È in questa visione che affonda le radici il Design Thinking, una filosofia progettuale che ha rivoluzionato il modo di innovare. Le sue origini risalgono agli anni ’50 con il lavoro di pionieri come Herbert Simon e John Dewey che hanno posto l’accento sul ruolo dell’uomo nel processo di progettazione. È però negli anni ’80 che il Design Thinking ha preso forma con David Kelley nel suo studio di design californiano IDEO dove ha applicato questa metodologia a diverse discipline che spaziano dal business alla tecnologia. Da allora, il Design Thinking si è diffuso a macchia d’olio, conquistando aziende come Google, IBM ed Apple. Proprio per quest’ultima nel 1998 IDEO ha progettato il primo mouse, rivoluzionando il modo con cui interagiamo con i computer. Kelley ed il suo team hanno probabilmente contribuito a democratizzare l’uso di apparecchi tecnologici e a diffonderne capillarmente l’uso.

Il Design Thinking in azione: obiettivi, competenze e strumenti

Come abbiamo detto al centro del Design Thinking c’è l’essere umano. L’obiettivo è creare soluzioni innovative che rispondano alle esigenze reali delle persone, non solo a quelle esplicite ma soprattutto quelle inespresse. Proprio per questo motivo, il Design Thinking richiede una serie di competenze chiave che spaziano dall’empatia, fondamentale per calarsi nei panni dell’utente e comprenderne i bisogni, le emozioni e le motivazioni alla creatività per generare idee e soluzioni originali. Sono necessarie poi ottime capacità di collaborazione perché per innovare servono competenze molto diverse e la volontà di sporcarsi le mani durante la prototipazione, quel momento in cui si trasformano le idee in modelli concreti. Ultimo ma non per importanza il necessario pensiero critico per analizzare le informazioni, valutare le diverse opzioni in modo obiettivo e comprenderne le vulnerabilità quando ce ne sono. Essendo il Design Thinking un processo iterativo la capacità di valutare e rimettersi in discussione sono fondamentali.

Oltre alle competenze, durante lo svolgimento del progetto ci si avvale di una serie di strumenti che facilitano la creatività e la collaborazione. Tra i più utilizzati troviamo:

  • Mappe mentali per visualizzare e organizzare le informazioni in modo creativo e intuitivo. Sono utili per raccogliere idee, agevolare i brainstorming e definire i problemi da affrontare.
  • Brainstorming per generare idee in modo spontaneo e senza censure. È utile per esplorare diverse possibilità e trovare soluzioni innovative.
  • Storytelling per comunicare idee, coinvolgere il pubblico e i collaboratori. Lo storytelling è un modo efficace per far comprendere la visione del progetto e per creare un’esperienza memorabile.

I vantaggi di una filosofia vincente

Il motivo per cui Il Design Thinking ha avuto una diffusione così importante in numerosi campi è da ricercarsi nella sua capacità di rompere le barriere della creatività convenzionale. Ci spinge a superare le soluzioni ordinarie e ad abbracciare la complessità. Con l’empatia al centro, le idee non sono solo geniali, ma significative. Va ricordato che il Design Thinking fa risparmiare tempo e risorse, perché data la natura metodica e fortemente radicata sui bisogni degli utenti è molto difficile intraprendere strade sbagliate. Ciò che ne emerge è un processo rapido, fluido e da risultati che colpiscono nel segno.

In definitiva, il Design Thinking è l’antidoto contro l’ordinario, un biglietto d’oro per l’innovazione. Quindi, se non avete ancora abbracciato questa meraviglia del pensiero creativo, ora è il momento. Il Design Thinking non è solo un approccio, è un viaggio avvincente che cambierà il modo in cui affrontare i problemi per vita alle idee.