Sulle piattaforme che trattano design è piuttosto difficile imbattersi in discussioni su bandi e agevolazioni o su fondi stanziati per far crescere la propria azienda. Perché? C’è forse il timore di contaminare la disciplina? Il design è spesso percepito con un’aura magica che ammanta e nobilita ogni cosa con cui viene a contatto. Una pratica monastica che richiede impegno e rigore, lontana dal vile denaro. Inutile dire che questa versione è quanto di più lontano dalla realtà. Ancora una volta si torna alla madre dei problemi: cos’è il design oggi?
Per cercare di fare luce su questo spinoso quesito si riuniscono in un festival ad Amsterdam designer, architetti e altre figure di rilievo. Sfortunatamente bisognerà attendere (forse) la prossima edizione di What design can do per trovare una risposta globalmente accettabile. Si chiude ancora una volta com’era prevedibile, con una serie di intenti e provocazioni senza effettivamente individuare una direzione univoca. Le unità abitative d’emergenza ad opera dell’architetto Cameron Sinclair così come le abitazioni prefabbricate di Ikea Foundation o più in generale il tema dell’architettura sociale ha tenuto banco nella due giorni olandese. Effettivamente se tutti ci dedicassimo a problematiche socialmente rilevanti senza avere fini di lucro ci sarebbe maggiore tempestività nella risoluzione di diverse problematiche ma, sfortunatamente, non di sola beneficienza si può vivere. Grandi colossi come Google e Ikea possono permetterselo ma la figura del designer solitario no e ancora non è chiaro che direzione debba intraprendere per svolgere eticamente la professione in questo periodo travagliato.
Certamente meno elitario e pretenzioso di quello olandese è il Maker Faire di Roma, basato sulla volontà di riappropriarsi della capacità di plasmare gli artefatti con le proprie mani. La domanda che ci si pone è se i makers siano destinati a sostituire i designer. Ad oggi direi di no, le due figure hanno competenze, interlocutori e obiettivi completamente differenti per cui, almeno per il momento, la convivenza pacifica è più che possibile.
Chiusa la parentesi sulle ipotetiche direzioni del design torniamo a parlare dell’argomento principale; la possibilità di recuperare parte degli investimenti effettuati attraverso bandi e agevolazioni messe a disposizione della comunità europea o enti statali.
Non sono in molti a conoscere le iniziative per favorire la crescita delle piccola e media impresa. La prima figura da interrogare è probabilmente il vostro commercialista, potrebbe avere informazioni oppure suggerirvi dei professionisti che si occupano esclusivamente di questo. Esistono infatti realtà che offrono servizi di consulenza per il recupero di finanziamenti che seguono passo dopo passo le aziende nel mondo burocratico, offrono la possibilità di intercettare tempestivamente i bandi senza dover dedicare risorse interne, lavorano percependo una provvigione direttamente dai fondi recuperati.
Ci sono poi le associazioni come CNA oppure le camere di commercio, direttamente a contatto con le strutture amministrative. Sfortunatamente i portali on line di queste realtà sono la morte della user friendly: dozzine di pagine con km di testo senza macro struttura che agevoli il fruitore. Entrando poi nella singola pagina si viene spesso schiacciati dalla mole di informazione trasmesse a valanga.
Nonostante tutto vale la pena spendere del tempo a spulciare tra le varie sezioni, cercando un referente con cui interagire per sondare le opportunità e sfruttare al meglio la situazione. Non escluderei inoltre la possibilità di iscriversi a newsletter o banche dati dedicate.
Recentemente grazie alla crescente consapevolezza del ruolo del design a livello produttivo cominciano a vedersi i primi bandi per l’innovazione del prodotto o della filiera.
L’ultimo Bando lanciato un mese fa circa dalla regione Lombardia per promuovere il settore Moda e Design (in questo caso) per lo sviluppo di imprese al femminile è un segnale interessante. Sfortunatamente il bando lanciato giovedì 11 giugno è chiuso da tempo per l’esaurimento dei fondi. Siamo tuttavia certi che compariranno altre opportunità da cogliere.
E’ sacrosanto che i professionisti che offrono il proprio talento alle aziende vengano retribuiti, così come è giusto che le aziende abbiano la possibilità di recuperare gli investimenti effettuati.